AFFITTI NON PAGATI E SFRATTI BLOCCATI. COSA DICONO I TRIBUNALI?

Da oltre un anno il Governo ha sospeso gli sfratti per gli affittuari morosi colpiti dalla crisi economica legata alla pandemia. Ma non tutte le morosità sono uguali e la giurisprudenza si è già espressa per capire in quali casi non si possa procedere allo sfratto e in quali sì.

 

Nel nostro Paese è in costante aumento il numero di persone e famiglie che non riescono adempiere, nei termini concordati, al pagamento dei canoni di locazione mensilmente dovuti.

Rispetto al passato, questo problema coinvolge non solo soggetti deboli ed emarginati ma fasce più ampie della popolazione, sempre più afflitta dalla crisi economica e dovuta principalmente alla perdita del posto di lavoro.

Il problema sociale dell’emergenza abitativa in Italia, ed in particolare nel Comune di Roma, si è accentuato notevolmente con la pandemia causata dal Covid19 che ha aumentato in maniera esponenziale la richiesta di sfratti soprattutto per morosità.

Lo sfratto, nell’ordinamento giuridico italiano, si distingue in due tipologie: o per finita locazione, che può essere azionato solo dopo la scadenza naturale di un contratto, o per morosità, ai sensi dell’art. 658 del codice di procedura civile nell’ipotesi in cui il conduttore si sia reso inadempiente nel pagamento dei pattuiti canoni di locazione.

L’arrivo della pandemia da Covid 19 ha avuto un immediato impatto anche sui contratti di locazione commerciale e ha portato il Governo a intervenire più volte in tema di sfratti per morosità, limitandone l’esecuzione.

La prima limitazione all’esecuzione è stata introdotta il 17 marzo 2020 dall’articolo 103, 6° comma, del decreto legge n. 18, con efficacia sino al trenta giugno 2020, successivamente prorogata al 1° settembre 2020 in sede di conversione con la legge 24 aprile 2020,n. 27.

Tale termine è stato nuovamente posticipato al 31 dicembre 2020, con l’approvazione e la successiva pubblicazione del decreto leggen.34 del 19 maggio 2020, ed infine, con successiva normativa tutt’ora vigente, rinviato ulteriormente sino al 30 giugno 2021 (art. 13, 13° comma, del dl 31 dicembre 2020, n° 183). Naturalmente salvo ulteriori proroghe successive alla redazione di questo articolo.

Diversi sono stati i provvedimenti giurisdizionali sull’applicazione di tali norme, anche di opposto orientamento, che si sono susseguiti.

Uno dei primi uffici giudiziari ad occuparsi della fatti specie è stato il Tribunale di Roma. Il giudice competente, con ordinanza n. 45986 del 16 dicembre 2020, a conclusione della fase introduttiva del giudizio per convalida di sfratto per morosità, ha disposto il rilascio di un immobile locato a fini commerciali in danno di una società che si era resa morosa per diverse mensilità.

In maniera diametralmente opposta, si è espresso, invece, il Tribunale di Trani con ordinanza del 1 settembre 2020, nella quale il giudice, a scioglimento della riserva assunta nel corso della prima udienza, ha così disposto: “(…) letto l’art. 91 del D.L. n. 18/2020 che ha stabilito che il rispetto delle misure di contenimento legate all’emergenza epidemiologica da Covid-19 è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti (…) rilevato che risulta avanzata richiesta di riduzione del canone di locazione in data anteriore all’intimazione di sfratto e dopo l’intimazione vi è stato, comunque, un parziale pagamento (…) rigetta l’istanza di rilascio e dispone il mutamento del rito per il prosieguo (…).”

Tale pronuncia merita un’analisi approfondita allo scopo di individuare con precisione le ragioni per le quali il magistrato ha deciso di non ordinare l’immediato rilascio dell’immobile, da parte del conduttore moroso.

La decisione del giudice si è basata sull’art. 91 del dl 18/2020 –il cosiddetto “decreto cura Italia” – il quale ha stabilito che, ai fini di escludere la responsabilità del conduttore che si sia reso moroso nel pagamento dei canoni, occorre valutare sempre gli effetti che il rispetto delle prescrizioni imposte dalla decretazione d’urgenza, ha avuto sulla capacità reddituale del medesimo.

In altre parole, a seguito di una approfondita valutazione del caso concreto, è stata esclusa la responsabilità dell’obbligato in ordine alla morosità che gli è stata imputata, poiché, per effetto immediato e diretto del rispetto delle norme restrittive contenute nei vari dpcm, il conduttore non ha potuto effettivamente lavorare e produrre il fatturato abituale, con ricadute negative anche nel pagamento del canone di locazione.

Per il giudice pugliese, ciò che effettivamente costituisce un’esimente da responsabilità per la morosità maturata in epoca Covid-19, non è l’evento pandemico in sé stesso(il quale di per sé, non è suscettibile di incidere sul rapporto contrattuale)ma la scrupolosa osservanza da parte del debitore delle restrizioni previste dai dpcm che, imponendo la chiusura, prima totale e poi parziale delle attività commerciali, gli hanno concretamente impedito di lavorare e di produrre reddito sufficiente a far fronte con regolarità agli impegni assunti con il locatore.

Secondo tale orientamento, accertata la corretta applicazione di un comportamento rispettoso dei divieti contenuti nella decretazione d’urgenza a tutela della salute pubblica, si dovrà esaminare la buona fede e la diligenza del conduttore e, ove rinvenuti esistenti, si potrà ritenerli rilevanti per escludere responsabilità del conduttore nella determinazione dello stato di morosità.

Nel caso di specie, la richiesta di riduzione del canone avanzata in epoca antecedente all’intimazione di sfratto edil parziale pagamento effettuato dall’intimato successivamente alla notifica della citazione per la convalida, hanno convinto il magistrato a ritenere sussistete la buona fede e la diligenza del conduttore (che aveva pedissequamente rispettatole decretazioni emergenziali) e pertanto a non disporre il rilascio immediato dell’immobile.

Non bisogna dimenticare, in ogni caso, che nei mesi di crisi dovuta alla pandemia sono stati particolarmente colpiti anche i proprietari degli immobili ad uso abitativo concessi in locazione. A tutela di questi, che hanno visto ridotti o annullati i proventi dei canoni, lo Stato è intervenuto attraverso l’emanazione di un provvedimento, cosiddetto “Decreto Sostegni”, che tra le tante misure ivi previste ha concesso anche un bonus denominato “Affitto 2021”. Per usufruire del predetto bonus devono ricorrere una serie di presupposti. Nello specifico, è necessario che il contratto di locazione sia in essere dal 29 ottobre 2020, che tale immobile sia adibito ad abitazione principale del conduttore e che il proprietario abbia concesso una riduzione del canone. Infine, l’immobile deve trovarsi in un Comune ad alta densità abitativa, requisito che è stabilito dal comitato interministeriale per la programmazione economica.

L’importo del bonus ammonta al 50% dello sconto applicato al conduttore e, in ogni caso, fino ad un massimo di 1.200 euro l’anno per singolo proprietario.

di Filippo Simone Zinelli, avvocato

e Michele Ioppolo, avvocato