I DIRITTI DELLE PERSONE “FRAGILI” IN UN CONDOMINIO

Molti condomini soffrono di patologie gravi che richiedono di adeguare le regole del palazzo per non aggravarne i problemi di salute o mettere a rischio le loro vite. Il caso concreto di una patologia molto rara che ha obbligato un condominio a rivedere le proprie abitudini.

 

La tutela giuridica che offre la normativa nazionale ed internazionale alla persona fragile che abita in un condominio è materia molto vasta. In particolar modo considerando che è impossibile condensare tutto l’argomento in un unico articolo, concentrerò la mia attenzione su un caso realmente avvenuto e da me personalmente trattato. Si tratta di un aspetto grande interesse poiché riguarda una mia assistita(che chiameremo fantasiosamente signora Bianchi) affetta da una malattia molto particolare, denominata MCS-Sensibilità chimica multipla. È una patologia riconosciuta ufficialmente dall’Organizzazione mondiale della sanità come “Intolleranza agli xenobiotici ambientali” (codice attribuito: OMS ICD 10 J 68.9). Le certificazioni mediche che produsse la mia assistita, rilasciate da medici specialisti e policlinici universitari, evidenziavano che questa malattia può presentare sintomi molto gravi, quali: intolleranza a profumi-detergenti-saponi, dispnea con laringospasmo e broncospasmo, infiammazione delle mucose, ipersensibilità a campi elettromagnetici, orticaria e dermatite, disturbi cognitivi, dolori muscolari e articolari, difficoltà a deambulare, etc.

Ciò significa, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, che un malato di MCS deve evitare l’esposizione a campi elettromagnetici, saponi, detersivi, candeggine, profumi, nanoparticelle emesse da caldaie e bruciatori, nanoparticelle derivate da termovalorizzatori (inceneritori) o da ciminiere di impianti di riscaldamento, prodotti da lavori edili (cemento, bitume), erbicidi, pesticidi, disinfestanti, insetticidi e polveri provenienti dalla potatura e dal taglio dell’erba, vernici, solventi, reagenti di laboratorio, xenobiotici alimentari, polveri di toner di stampanti e fotocopiatrici. In relazione alle attuali conoscenze di questa malattia, non esiste una terapia certa, e le procedure di trattamento sono quasi sempre limitate: i) all’evitare il contatto con le sostanze sopra elencate, ii) all’isolamento dell’agente che scatena le reazioni dell’ambiente, interno ed esterno, in cui soggiorna il paziente, iii) a una terapia di supporto ed iv) alla detossificazione (eliminazione dei pericoli dall’ambiente, interno ed esterno, e dal corpo del paziente).

Occorre precisare che la mia assistita, che vive senza uscire di casa da molti anni proprio per evitare tutti i rischi connessi al contatto con le sostanze di cui sopra, è in uno stadio molto grave di questa patologia ed è assistita h24 dal padre, che esce di casa solamente tre giorni consecutivi al mese per effettuare i rifornimenti di cibo, bevande e farmaci. Lasignora Bianchi si rivolse al mio studio poiché il condominio in cui abita si rifiutava di porre in essere alcuni comportamenti che le avrebbero permesso di avere meno sofferenze e dolori, nonché di peggiorare ulteriormente il suo stato di salute, già molto precario. In particolare, il condominio si rifiutava di comunicare con congruo preavviso la data di inizio dei lavori edili di manutenzione ordinaria e straordinaria e di comunicare altresì contestualmente il nominativo della ditta che sarebbe intervenuta. Si rifiutava inoltre di sospendere i lavori di giardinaggio nelle aree condominiali per cinque giorni al mese.

Condizioni indispensabili per la salute dalla condomina Bianchi che, in occasione dell’esalazione degli odori derivanti dai materiali edili, ha la necessità di far sigillare dall’esterno le proprie finestre (naturalmente a sue spese), con cestello telescopico, e necessita di concordare con la ditta esecutrice dei lavori l’utilizzo dei materiali meno nocivi per la sua patologia. Sospendere i lavori di giardinaggio, invece, è una necessità dovuta al fatto che quando il padre deve uscire per i tre giorni consecutivi al mese, per le compere di cibo, bevande e farmaci, non può entrare in contatto con gli odori prodotti dall’attività di giardinaggio (e dalle sostanze utilizzate dal giardiniere) poiché rientrando a casa li porterebbe nell’appartamento con grave danno e sofferenza per la figlia malata: dunque, per i tre giorni dell’uscita e per i due precedenti c’è bisogno che i lavori vengano interrotti, al fine di “bonificare” i luoghi dove passa il padre.

Alla luce della sordità del condominio rispetto alle giuste richieste della signora Bianchi, proposi un ricorso urgente (sulla base dell’art. 700 del codice di procedura civile) al tribunale, partendo dall’assunto che l’attendibilità della pretesa della mia assistitasi basa sulla tutela, accordata dall’ordinamento nazionale e sovranazionale (Costituzione italiana, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Convenzione internazionale sui diritti economici, culturali e sociali), al diritto alla vita, alla salute e all’abitazione e che le richieste della signora Bianchi non ledono in alcun modo i diritti degli altri condomini. Non crea infatti alcun danno al condominio comunicare con congruo preavviso l’inizio dei lavori alla signora Bianchi, né dare la possibilità di concordare i materiali meno nocivi per la sua salute, né, infine, sospendere per soli cinque giorni al mese l’attività di giardinaggio.

Il giudice accolse il ricorso e, in modo chiaro ed impeccabile, illustrava e argomentava la propria decisione muovendo dal contenuto dell’art. 32 della Costituzione “che tutela la salute come fondamentale diritto dell’uomo, attraverso una norma immediatamente precettiva (le decisioni della Corte Costituzionale numero 104 del 30/06/1986 e numero 104 del 20/05/1982 n.104)”. Proseguiva illustrando il contenuto dell’art. 1102 del codice civile secondo cui: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. (…)”. Partendo da tali principi il giudice assumeva che: “Si impone a tal fine la necessità di bilanciare da un lato l’esigenza di tutela di un diritto fondamentale quale quello alla salute, esposto nel caso in esame al rischio dell’aggravarsi della patologia (…) fino al rischio dell’esito estremo del decesso, con il principio del pari diritto al pieno godimento della cosa comune (verde e aree condominiali) da parte dei condomini. Ebbene, nell’ottica di un tale contemperamento appaiano pienamente rispettose del diritto dei condomini al pieno godimento delle parti comuni le soluzioni prospettate dai ricorrenti, che risultano tali da non limitare in alcun modo l’altrui esercizio del pieno godimento, limitandosi ad incidere sulle modalità di manutenzione delle parti comuni sul piano strettamente temporale (…). Del pari non lesiva dell’interesse dei condomini al godimento delle cose comuni deve ritenersi, poi, la richiesta dei ricorrenti di conoscere con congruo anticipo il nominativo delle ditte prescelte per l’esecuzione dei lavori, al fine di concordare l’utilizzo di materiali il meno possibile nocivi per la ricorrente (…)”.

 

di Filippo Simone Zinelli, avvocato