La giurisprudenza recente ha chiarito se anche il conto corrente condominiale rientri fra i beni su cui il creditore possa rivalersi o meno.

Il pignoramento del conto corrente condominiale

La giurisprudenza recente ha chiarito se anche il conto corrente condominiale rientri fra i beni su cui il creditore possa rivalersi o meno.

 

La riforma sul condominio, attuata tramite la L.n.220 del 2012, emendando, tra l’altro, anche l’art. 1129, C.c., ha introdotto, al settimo comma della norma da ultimo citata, l’obbligo per l’amministratore di “…far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio…”. (Art. 1129, comma settimo, C.c.).

Ora, sulla natura giuridica del condominio, molto si è discusso, nel senso, cioè, che, in tema, escludendone la personalità giuridica, si è rappresentato l’ente in questione come un centro autonomo d’imputazione di diritti ed obblighi afferenti alla gestione del medesimo.

Ed è apparso naturale che al tal centro d’imputazione, fosse connaturale una gestione economica rappresentata, per l’appunto, da un fondo che fosse deputato a far fronte alle spese dell’ente condominio.

Cosicché, sulla riga della predetta novella di riforma, il legislatore del tempo volle introdurre, tra le viarie modifiche, anche quella concernente l’obbligo per l’amministratore, ai sensi dell’art.1129, comma sette, C.c., d’accendere un conto corrente sul quale far confluire le somme versate, a titolo di quote di partecipazione, dai condomini, oltre ad esser utilizzato per far fronte all’erogazione delle relative spese di gestione dell’edificio.

Orbene, ciò esposto, un quesito si è posto all’attenzione degli operatori del diritto, se, cioè, il conto corrente sul quale, secondo la norma in commento, l’amministratore deve far confluire le somme versate dai diversi condomini ovvero scaturenti da altri versamenti, possa esser assoggettato ad un’azione esecutiva.

In particolare, s’è prospettata la possibilità che, a fronte di un’azione esecutiva annunziata dalla notifica d’una sentenza oppure d’un decreto ingiuntivo accompagnato da pedissequo atto di precetto, gemmato, a sua volta, da un debito vantato da un creditore, il conto corrente condominiale possa esser pignorato.

Naturalmente, come suggerisce la cornice testé descritta, trattasi d’un pignoramento mobiliare presso terzi, posto che oggetto ne sarebbe il denaro, ovverosia presso la banca ove il condominio aveva acceso il conto corrente.

In disparte, in questa sede, ogni ulteriore riflessione più specifica sulle norme processuali che modellano il pignoramento mobiliare presso terzi, la recente giurisprudenza di merito ha dato al predetto quesito una soluzione positiva, vale a dire che il conto corrente del condominio è pignorabile, sicché assoggettabile ad un’azione esecutiva a tutela del creditore procedente.

Pur militando in favore della pignorabilità del conto corrente condominiale diversi argomenti, in tanto giova rammentare che, a far data dell’intervento delle Sezioni Unite Civili del 2008, le obbligazioni condominiali, vale a dire le obbligazioni quali contributi che gravano su ogni singolo partecipante al condominio, in proporzione al valore delle rispettive unità immobiliari, vengono rappresentate dai Supremi Giudici come obbligazioni parziarie, giammai solidali, salvo espresso accordo in tal senso. (Cass.Civ., Sez. Un., Sent. n. 9148 dell’8 aprile 2008). Conseguentemente, il valore complessivo dell’obbligazione condominiale, vista dall’interno, cioè del rapporto tra i diversi condomini, vien concepito come un fascio d’obbligazioni autonome ed indipendenti.

Chiudendo tal breve parentesi, l’assoggettabilità del conto corrente del condominio al pignoramento, postula che il titolo esecutivo portante il credito vantato dal creditore, rappresentato vuoi da una sentenza esecutiva, vuoi da un’ingiunzione di pagamento emessa nella fase monitoria, munita, a sua volta, della clausola dell’esecutorietà provvisoria, e del conseguente atto di precetto necessario, ex art. 481, C.p.c., per avviare l’esecuzione forzata, siano notificati, separatamente ovvero congiuntamente, al condominio e, per esso, all’amministratore pro tempore del medesimo ente.

Dunque, che il conto corrente del condominio sia chiamato a rispondere dei debiti contratti dal suo amministratore è coerente con la qualifica giuridica di quest’ultimo, ormai, scrutinato come un mandatario che agisce in nome e nell’interesse dei singoli condomini, giacché “…l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini…”. (Cass. civ., Sez. VI – 2, Ord. n. 10679 del 22 maggio 2015).

E’ fuor di dubbio, infatti, che, se l’amministratore, quale mandatario, contrae obbligazioni in nome e per conto del condominio, sicché dei singoli condomini, di tal debiti debba rispondere il medesimo ente e, per esso, anche le sue disponibilità economiche, tra le quali si annovera, giustappunto, anche il conto corrente.

Tal riflessione è coerente, altresì, con il disposto dell’art. 2740, C.c., a mente del quale il debitore risponde dei suoi debiti con tutto il suo patrimonio, presente e futuro. Ed è, altresì, indubbio, che nell’alveo del patrimonio del condominio, possa annoverarsi anche il conto corrente acceso per avviare la gestione delle spese condominiali.

Né vale obiettare, avverso la possibilità di pignorare il conto corrente del condominio, quanto disposto dal secondo comma dell’art. 63, disp. att., C.c., circa l’operatività del beneficio d’escussione in favore dei condomini virtuosi, nel senso, cioè, che il creditore, prima d’avviare un’azione esecutiva contro questi ultimi, è obbligato a escutere quelli morosi.

La differenza, secondo la giurisprudenza di merito, sta’ nella genesi del debito, ovvero che i contributi condominiali generano un’obbligazione, in capo a ciascun condomino, e, indi, il privilegio della preventiva escussione dei condomini morosi risponde all’esigenza di chiamar a rispondere dei debiti innanzitutto proprio questi ultimi, e, di poi, a fronte della loro incapienza economica, quelli virtuosi.

Mentre, dall’altra, il debito si origina da un’obbligazione contratta dall’amministratore nell’interesse del condominio, sicché il diritto del creditore di soddisfare la sua pretesa creditoria ben può esser assecondato pignorando, finanche, il conto corrente dell’ente de quo.

A sostegno di tal considerazione, vien in rilievo la circostanza fattuale che sul conto corrente del condominio le quote versate dai singoli partecipanti, onde far fronte alle spese per i servizi e l’uso dei beni comuni, una volta ivi confluite, si confondono con il denaro insistente sul medesimo conto.

In altri termini, una volta ivi confluite le somme versate a titolo di quote di partecipazione, esse si confondono col denaro già presente, senza che, in contrario, possa cogliersi ed evidenziare, agli occhi del creditore esterno, la natura originaria del versamento, come se, in un certo senso, si volesse dire, a colui che agisse in esecuzione, che parte di quel denaro ivi presente, quello cioè, derivante dai versamenti delle quote condominiali, non possa esser assoggettato ad esecuzione mobiliare laddove si azionasse un titolo giudiziale gemmato da una posizione debitoria estranea all’obbligo di contribuzione, con conseguente caducazione di quel precetto, di cui al predetto art. 63, disp., att. C.c., che imporrebbe d’escutere anzitutto i condomini morosi e, di poi, quelli virtuosi.

Tal riflessione è avvallata anche dalla giurisprudenza di legittimità, a mente della quale “…ogni qual volta l’amministratore contragga con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, concernenti, rispettivamente, l’intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al condominio, rappresentato appunto dall’amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti in ragione e nella misura della partecipazione al condominio ai sensi dell’art. 1123 c.c..”. (Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord. n. 14530 del 9 giugno 2017).

L’anzidetta considerazione è corroborata, finanche, dalla giurisprudenza di merito la quale ha statuito, al riguardo, che “…le somme depositate sul conto corrente del condominio, formalmente intestate all’ente di gestione, devono ritenersi sottratte alla disponibilità dei singoli condomini: ad esse viene impresso un vincolo di destinazione (uso nell’ interesse comune in base alle determinazioni dell’assemblea condominiale) che elide il legame giuridico con i singoli condomini, i quali, dal momento in cui le somme affluiscono sul conto condominiale, non possono più singolarmente e personalmente disporne…”. (Trib. Cassino, Sezione Civile, Sent. n. 782 del 27 maggio 2021).

Ed, ancora, sempre volgendo lo sguardo alla predetta giurisprudenza, si apprende che “…il pignoramento di saldo del conto corrente condominiale da parte del creditore è allora volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo di beneficio di escussione, ex art. 63, co. 2, disp. att. c.c., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettante ai singoli.”. (Trib. Milano, Sez. III, Sent. n. 11878 del 21 novembre 2017).

Ed, oltre, nella stessa direzione, si afferma che “La pignorabilità del conto corrente condominiale non è esclusa dal disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. laddove prevede l’obbligo del creditore di preventivamente escutere il patrimonio del condomino moroso, valendo il beneficio della preventiva escussione solamente a favore dei condomini virtuosi e non del condominio.”. (Trib. Ascoli Piceno, Sent. n. 1287 del 26 novembre 2015).

Ne viene, in conclusione, che il conto corrente intestato al condominio rappresenta un ben mobile sul quale il creditore esterno può agire al fine di realizzare la sua pretesa creditoria, e, indi, assoggettabile alla procedura esecutiva d’espropriazione quale il pignoramento nelle forme del pignoramento presso terzi, ex art. 543, C.p.c.

 

Avv. Filippo Simone Zinelli

Avv. Giovanni Stampone