Per contestare eventuali spese condominiali occorre impugnare la delibera o possono sollevarsi obiezioni in sede di opposizione a decreto ingiuntivo? Facciamo chiarezza.
Affrontiamo un caso che sovente si replica nelle aule giudiziarie in cui un condomino si opponga al decreto ingiuntivo richiesto, ottenuto e notificato dal condominio, per contestare la debenza delle spese condominiali attribuitegli.
Giova ricordare come ben prima di arrivare a richiedere un decreto ingiuntivo l’amministratore abbia sottoposto al voto dell’assemblea l’approvazione delle spese consuntive o preventive, di natura ordinaria o straordinaria, ed il relativo riparto, per cui una volta deliberate ai sensi dell’art. 1137 c.c. la delibera stessa è immediatamente efficace nei confronti di tutti i condomini.
Disattese le richieste di pagamento ed eventuali solleciti, ben potrà l’amministratore rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere un’ingiunzione di pagamento nei confronti del condomino moroso, il quale, per contestare la pretesa, dovrà necessariamente impugnare la delibera condominiale nei trenta giorni di rito.
Qualora tale impugnazione non sia stata intrapresa, il condomino debitore non potrà impugnare il decreto ingiuntivo per riaprire obiezioni in merito alla pretesa creditoria, rivelandosi tale azione inefficace e controproducente.
E infatti, l’amministratore dispone già del verbale d’assemblea con il quale poter richiedere le somme ai singoli condomini, per cui eventuali richieste di chiarimenti devono chiedersi prima oppure in sede di assemblea, dove bisogna far annotare la propria espressione di voto contrario al fine di poter poi impugnare la delibera per renderla inefficace.
La norma dispone che la delibera non perda efficacia automaticamente per via della sua impugnazione, salvo accoglimento di specifica istanza cautelare. Percorrere questa via comporta obbligatoriamente il transito per il tentativo di mediazione nei trenta giorni sopra ricordati per poi, in caso di esito negativo, poter procedere all’impugnativa giudiziale.
Il condomino debitore, esperiti dunque i passaggi di cui sopra, si trova al cospetto del giudice dell’opposizione, al quale non può dolersi di questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione e di ripartizione, attendendosi invece una mera verifica dell’efficacia della deliberazione assembleare, costituendo essa stessa titolo sufficiente a legittimare il credito del condominio e, quindi, la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino al pagamento delle spese di lite, assodata la perdurante efficacia.
Al contrario, nel giudizio di opposizione, il condominio ha unico onere di produrre il verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese ed i relativi documenti, per far valere le proprie ragioni.
Questo è l’orientamento prevalente e costante. Tuttavia, una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione apre alla possibilità per il giudice del merito (ovvero quello dell’opposizione) di considerare eventuali vizi di nullità della delibera, caso comunque eccezionale.
Con pronuncia a Sezioni Unite, la Cassazione (SS.UU. n. 9839/2021) ha stabilito che “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità (dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio) della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione – mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137 c.c., comma 2, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione.”
Questo orientamento è stato ripreso anche dal Tribunale di Roma con sentenza n. 6469/2023, pubblicata il 10/10/2023, con la quale il giudice ammette la possibilità, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, di chiedere la nullità della delibera, possibile in ogni tempo, e l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia correttamente formulata in via riconvenzionale come esplicita domanda di annullamento, purché rispettosa dei termini di cui all’art. 1137 c.c., comma 2.
Nel caso concreto, occorre dunque valutare correttamente l’azione da intraprendere alla luce delle circostanze del caso per capire innanzitutto se siamo di fronte a un caso di nullità (delibere contrarie a norme imperative di legge o norme costituzionali; delibere che non riguardano la proprietà o le parti comuni e la loro regolamentazione ma influiscono sui diritti del singolo proprietario ecc.) o di annullabilità (ad esempio per assemblea illegittimamente convocata, o con maggioranza non qualificata o che riguarda argomenti non compresi nell’ordine del giorno ecc.), per quindi valutare, nel secondo caso, il tempo già trascorso dall’assemblea (o dalla data di comunicazione della stessa, per gli assenti), giacché spesso vengono sottoposte ipotesi di impugnativa a ridosso della scadenza dei termini perentori di trenta giorni.
Eventuali opposizioni a decreto ingiuntivo al solo scopo di invalidare la delibera assembleare andranno maneggiate con cautela.
di Fabrizio Pacileo, avvocato