LA VENDITA PER POSSESSO DI UN BENE IMMOBILE

Spesso l’accertamento giudiziale dell’usucapione può risultare un percorso lungo, tortuoso, pieno di ostacoli e molto costoso, a volte anche più dispendioso del reale valore del bene. Una veloce panoramica sulla vendita dei beni usucapiti.

Può capitare che il legittimo proprietario di un bene immobile abbandoni la sua proprietà, che viene di fatto acquisita da un terzo, da suoi parenti o da amici che continuano a utilizzarla come se fossero proprietari. L’ipotesi è frequente per i terreni, le case rurali e per gli immobili abbandonati dai legittimi proprietari o per i cespiti rimasti invenduti dalle stesse società immobiliari che in seguito, cessando l’attività, hanno lasciato beni ancora a loro intestati.

La proprietà, come è noto, si può acquisire anche per usucapione, esercitando sul bene un possesso come se si fosse proprietari, pertanto la proprietà si trasferisce a chi utilizza il bene immobile quale proprietario. A disciplinare l’istituto dell’usucapione è l’art. 1158 del codice civile il quale, in via generale, prevede che la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistino in virtù del possesso continuativo per venti anni. Senza soffermarci sui requisiti tipici dell’usucapione, ci soffermeremo invece sull’accertamento della proprietà che può avvenire giudizialmente, o anche mediante un organo di mediazione.

La procedura più comune per vedersi riconosciuta la proprietà a tutti gli effetti erga omnes è l’accertamento giudiziale. Chi ritiene infatti di averne diritto, incardina un giudizio davanti al tribunale, al quale chiede di accertare l’acquisto a titolo originario del bene immobile per usucapione, e di dichiarare pertanto l’acquisto della proprietà. Ma spesso l’accertamento giudiziale dell’usucapione può risultare un percorso lungo, tortuoso, pieno di ostacoli e molto costoso, spesso anche più dispendioso del reale valore del bene. Per questi motivi spesso il nuovo possessore del bene usucapito si accontenta di occupare il bene pensando che tanto nessuno mai lo rivendicherà.

Il problema sorgerà invece quando il possessore deciderà di vendere il bene usucapito, infatti senza avere un titolo di proprietà in mano (dato da una sentenza o dalla mediazione), la vendita può sembrare complessa o quasi impossibile; la soluzione è “la vendita per possesso”.

La vendita per possesso è il trasferimento della proprietà di un bene immobile a un terzo da parte di chi non risulta reale intestatario del bene immobile nei pubblici registri, ma che dichiara dinanzi a un notaio, sotto la propria responsabilità, di esserne il reale proprietario per aver esercitato sul bene il possesso ad usucapionem richiesto dalla legge.

La legittimità di questo atto è regolamentata, anche se indirettamente, dall’art. 1159 del codice civile (vendita di cosa altrui) che disciplina l’usucapione breve o decennale: “colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile in forza di un titolo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione”.

 

L’ipotesi dell’usucapione breve si riferisce a un titolo capace di trasferire un immobile con la regolare trascrizione; potendo pertanto essere trascritti solo gli atti pubblici e le scritture private autenticate (oltre ovviamente alle sentenze di domande giudiziali) è chiaro che il testo di tale norma fa riferimento all’atto notarile mediante il quale viene trasferita la proprietà da parte di chi non è proprietario.

La vendita per possesso può portare in certi casi ad alcuni rischi. Infatti, la titolarità del bene immobile viene dal notaio trascritta e volturata immediatamente al nuovo proprietario. Tali trascrizione e voltura hanno un effetto universale, erga omnes, ed i terzi sono obbligati ad ammettere la proprietà del nuovo intestatario ancorché l’abbia ricevuto da un alienante non intestatario.

L’unico soggetto legittimato a contestare la dichiarazione dell’alienante di aver usucapito il bene, è l’intestatario originario dell’immobile per riottenerne così a suo favore l’intestazione, ma a questo punto sarà proprio quest’ultimo a dover intraprendere una causa civile lacunosa, affrontandone i relativi costi.

L’alienante in caso di insurrezione nel giudizio sarà tenuto a risarcire il danno nei confronti sia dell’acquirente che del proprietario originario dell’immobile.

Una interessante sentenza della Corte di legittimità (Cassazione Civile, sezione II – 12 dicembre 2018 n. 32147) affronta un tema complesso e di grande rilievo: la vendita di beni usucapiti, il cui acquisto non sia stato cristallizzato in una pronuncia di accertamento.

Il trasferimento secondo questa importante sentenza deve ritenersi consentito e lecito, tuttavia al notaio che redige l’atto sono imposti ben precisi doveri di informazione dell’acquirente, sui rischi che un simile atto traslativo comporta.

 

Il notaio deve agire nella stipula in modo avveduto, è suo obbligo raccogliere le dichiarazioni dell’alienate ed avvertire l’acquirente delle conseguenze positive ma anche negative nell’ipotesi di azione rivendicatoria da parte dell’intestatario.

Il notaio dovrà inserire espressamente nell’atto sia la dichiarazione del venditore sotto la sua responsabilità, sia l’avvertimento all’acquirente dei rischi che questo atto comporta. L’acquirente dichiarerà dinanzi al notaio di ricevere ciononostante l’atto di trasferimento, comprendendone i rischi ed esonerandolo da ogni responsabilità in caso di possibile azione rivendicatoria. Il notaio prenderà atto della dichiarazione dell’acquirente riportandola fedelmente nell’atto.

In conclusione possiamo affermare che, in presenza di requisiti, la vendita per possesso rappresenta un istituto che facilita la circolazione dei beni immobili consentendone il trasferimento senza attendere i tempi delle pronunce giudiziarie.

Articoli di Gian Piero Sponzilli