L’apprestamento dei ponteggi può rappresentare una fonte di pericolo per i proprietari e gl’inquilini degli appartamenti, nel senso ch’essi possono esser l’occasione per agevolare la commissione di furti negli immobili

La responsabilità dell’impresa esecutrice dei lavori condominiali per il furto in un appartamento

All’interno d’un edificio condominiale, sovente, vengono eseguiti interventi di manutenzione, spesso di natura straordinaria, come quelli concernenti il rifacimento delle facciate insistenti verso la pubblica via, volti a conservare e risanare le parti comuni del plesso condominiale.

Naturalmente, per l’esecuzione dei lavori di manutenzione, l’amministrazione condominiale si affiderà ad una ditta ovvero ad un’impresa che possieda le caratteristiche tecniche idonee per eseguirli.

Ora, per l’esecuzione dei lavori d’intervento manutentivo, in specie quelli concernenti il rifacimento dei muri perimetrali esterni dell’edificio, è d’uopo che l’impresa appaltante appresti dei ponteggi onde consentire agli operai d’intervenire sulle facciate condominiali.

L’apprestamento dei ponteggi, per effettuare le operazioni in commento, tuttavia, possono rappresentare una fonte di pericolo per i proprietari e gl’inquilini degli appartamenti prospicenti verso l’esterno, nel senso, cioè, ch’essi possono esser l’occasione per agevolare la commissione di furti all’interno degli immobili facenti parte dell’ente condominiale.

Tanto appare sentita l’esigenza di scoraggiare l’uso dei ponteggi per accedere, illegalmente, sicché contra invito domino, all’interno degli appartamenti, che è fatto obbligo all’impresa appaltatrice di predisporre sistemi d’allarme e di sicurezza che segnalino l’accesso illegale nei ponteggi durante le ore notturne ovvero nei giorni festivi.

Eppur tuttavia, nonostante la predisposizione dei sistemi d’allarme, si possono, comunque, registrare fenomeni criminali, quali, per l’appunto, l’intrusione illegittima all’interno degli appartamenti dei diversi condomini al fine d’impossessarsi dei beni di questi ultimi.

Ebbene, laddove ci si trovi di fronte a tal evidenza, par lecito domandarci se si possa predicare una responsabilità dell’impresa appaltatrice per aver favorito, a causa d’una condotta negligente, quale, ad esempio, la predisposizione di strumenti di controllo non adeguati a prevenire il rischio d’un fatto dannoso nelle abitazioni, la commissione di furti da parte di terze persone.

In altre parole, si potrebbe predicare una responsabilità civile dell’impresa incaricata d’eseguire i lavori nell’edificio condominiale per non aver fornito un’adeguata difesa e garanzia alle unità immobiliari dei singoli proprietari raggiungibili tramite le impalcature installate?

Ciò detto, potremo ricostruire il sistema di responsabilità civile imputabile all’impresa appaltatrice, prendendo le mosse dalla natura del rapporto giuridico che potrebbe intercorrere tra quest’ultima ed i condomini.

E’ pur vero che tra l’impresa incaricata d’eseguire i lavori ed i singoli condomini proprietari non v’è alcun rapporto giuridico diretto, nel senso, cioè, d’un obbligo della prima d’apprestare le cautele idonee ad impedire il verificarsi del fatto dannoso nelle abitazioni dei secondi, rappresentato, quivi, dalla commissione di furti, salvo che un tal obbligo venga espressamente contrattualizzato tra l’appaltatrice ed il committente.

In difetto, l’omissione d’opportune cautele, che siano volte ad impedire che l’uso delle impalcature possa agevolare la commissione di furti nelle abitazioni dei condomini, rende l’impresa appaltatrice responsabile dell’evento dannoso generatosi da quell’omissione.

In tal ricostruzione, il dovere giuridico che verrebbe violato è quello del neminem laedere, e, cioè, quel dovere imposto dall’ordinamento, positivizzato nell’art. 2043, C.c., d’astenersi dal compiere qualsiasi condotta che possa ledere l’altrui diritto ovvero interesse giuridico.

La norma in scrutinio, si occupa di sancire l’obbligo di ciascun consociato di risarcire, il danno patrimoniale e non, la cui area verrà perimetrata dal plesso di norme di cui agli artt. 1223, 1125, 1227, C.c., causato ad altri.

Par ovvio affermare che ove non sia contrattualizzato un preciso obbligo dell’impresa appaltatrice d’adoperarsi affinché l’uso indebito dei ponteggi ovvero delle impalcature, che dir si voglia, possa rappresentare l’occasione per la commissione di furti negli appartamenti dei singoli proprietari, ecco che, al netto di tal contrattualizzazione, l’obbligo giuridico che vien in rilievo è quello posto dalla clausola generale di cui all’art. 2043, C.c., che pone il divieto di causare un danno ingiusto ad altri.

Ricostruita, pertanto, l’eventuale responsabilità dell’impresa in termini di responsabilità civile aquiliana, l’illecito imputabile all’impresa dovrebbe esser predicato in termini di condotta omissiva impropria e la conseguente responsabilità della medesima potrebbe affermarsi ove si possa giungere alla prova che laddove avesse adottato le cautele opportune l’evento dannoso non si sarebbe verificato.

Non potendosi rinvenirsi nella legge od in specifici rapporti, la fonte dell’obbligo giuridico d’attivarsi potrebbe scaturire dai principi generali dell’ordinamento, ed, in specie, proprio dal quell’obbligo del neminem laedere posto dall’art. 2043, C.c., tra i quali si potrebbe annoverare anche l’obbligo d’attivarsi nella direzione d’un comportamento attivo finalizzato a disinnescare la fonte di pericolo generabile da un’attività giuridica illecita.

Pertanto, l’omessa adozione delle opportune cautele, quali l’installazione di luci sui ponteggi, sistemi d’allarme d’intrusione, la rimozione delle scale nelle ore notturne e nei giorni festivi, l’omessa posa di pannelli di recinzione, può disegnare la fonte di quel pericolo concreto rappresentato, indi, dalla possibilità d’un uso indebito delle impalcature onde realizzare condotte criminose all’interno delle singole unità immobiliari.

Inquadrata, così, la natura della responsabilità dell’impresa appaltatrice, meglio risultano apprezzabili le conseguenze che ne derivano in punto d’applicazione dell’istituto risarcitorio in parola.

Valga, in tal senso, non soltanto la prescrizione quinquennale del diritto risarcitorio, diversamente da quella decennale concernente la responsabilità contrattuale, quanto, piuttosto, la prova della tipicità dell’illecito aquiliano rappresentata dalla condotta del danneggiante, vuoi dolosa, vuoi colposa, dal danno evento e del conseguente danno conseguenza, il tutto avvinto dal nesso causale, in virtù del quale si possa predicare che ove la condotta pretermessa fosse stata realizzata, l’evento lesivo non si sarebbe verificato.

Quanto, or, ora, esposto, è corroborato dall’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte che, a far mente della pronuncia della Terza Sezione del 1979, aveva inquadrato la responsabilità dell’impresa appaltatrice in esame nell’alveo di quella aquiliana disciplinata dall’art. 2024, C.c.

Difatti, in tal direzione, la Suprema Corte ha affermato che in “…tema di responsabilità civile per i danni subiti dall’abitante un appartamento a causa di un furto consumato da persona introdottesi nell’appartamento stesso attraverso una contigua impalcatura edile, dev’essere affermata la responsabilità, ex art. 2043 Cod. civ., del proprietario dell’impalcatura che, trascurando le più elementari norme di diligenza e di perizia e violando, quindi, il principio del neminem laedere, abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri, determinando così, con nesso causale diretto, il compimento dell’attività delittuosa e ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno).”. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 539 del 24 gennaio 1979).

In merito, giova dar conto dell’orientamento successivo della Suprema Corte, la quale ha dato seguito al principio di diritto licenziato dalla pronuncia dianzi scrutinata. E, difatti, viene, considerandolo, ormai, un principio di diritto consolidato, ritenuto che “…in tale ipotesi ricorre la responsabilità di cui all’art. 2043, C.c., per violazione del principio del neminem laedere, a carico dell’imprenditore che abbia realizzato tali impalcature ed abbia omesso di dotarle di cautele atte ad impedirne l’uso anomalo.”. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 24897 del 25 novembre 2005; Cass. Civ., Sez. III, Sent. n.5775 del 10 giugno del 1998; Idem, Sez. III, Sent. n. 5840 del 23 maggio del 1991).

Da ultimo, mette conto segnalare l’orientamento della giurisprudenza di merito che, sul punto in esame, richiamandosi al principio giuridico licenziato dalla superiore giurisprudenza, hanno statuito che “…nel caso di furto in appartamento commesso ad opera di sconosciuti avvalendosi dei ponteggi installati in esecuzione di un contratto di appalto per il rifacimento della facciata del fabbricato condominiale, la responsabilità dell’impresa appaltatrice (…) è di tipo extracontrattuale.”. (Corte App. Lecce, Sez. II, Sent. n. 484 del 30 maggio 2023).

Inquadrata nel paradigma della responsabilità aquiliana la condotta dell’impresa appaltatrice per aver agevolato, omettendo, al riguardo, la predisposizione delle opportune cautele, il furto negli appartamenti tramite l’indebito uso dei ponteggi, occorre, nondimeno, acquisire il dato che l’amministrazione condominiale potrebbe, finanche, esser vocata a rispondere del risarcimento del danno conseguente al fatto dannoso (rectius: il furto dei beni siti nell’appartamento insistente nel fabbricato condominiale), in concorso con lo stesso appaltatore.

Tal responsabilità assumerebbe un’evidenza sotto il profilo della culpa in vigilando, quale custode delle parti comuni del fabbricato ai sensi dell’art. 2051, C.c., nel senso, cioè, che l’imputazione, a titolo di concorso nel fatto dannoso, ai sensi dell’art. 2055, C.c., si genererebbe a seguito della condotta negligente dell’amministrazione condominiale ove essa, pur diffidata da alcuno dei proprietari condomini, non si fosse attivata presso l’appaltatore, affinché quest’ultimo adottasse le opportune misure di protezione delle impalcature.

Valga, in tal direzione, l’orientamento della giurisprudenza delle corti territoriali, a mente della quale il dovere del condominio d’attivarsi “…deriva sia dalla sua naturale qualità di custode del fabbricato (sancita dall’art. 2051 Cod. civ.), sia in attraverso l’amministratore, e il soggetto tenuto a sorvegliare costantemente sull’operato dell’impresa affidataria degli interventi di ristrutturazione deliberati dall’assemblea.”. (Trib. Catanzaro, Sez. II, Ord. del 12 febbraio del 2023).

L’assunto testé esposto è corroborato anche dall’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte la quale, in materia, ha statuito che “…nel caso in cui i ladri abbiano utilizzato le installazioni montate attorno all’edificio condominiale per introdursi in uno o più appartamenti, sia l’impresa incaricata dei lavori sia il condominio possono essere chiamati a risarcire il danno subito, qualora non abbiano adottato tutte le necessarie cautele atte a evitare il verificarsi dell’evento (…) mentre il condominio non potrà limitarsi a inserire nel contratto di appalto delle clausole contenenti l’obbligo dell’appaltatrice all’adozione di tutte le necessarie misure di prevenzione, senza poi vigliare a sua volta sull’effettiva esecuzione di tali adempimenti”. (Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord. n. 41542 del 27 dicembre 2021).

Alla luce delle superiori argomentazioni giuridiche, si deduce che, rispetto al condomino proprietario danneggiato dal furto, vien in rilievo la concorrente responsabilità dell’impresa appaltatrice e del condominio sulla base di due distinti titoli di responsabilità, inquadrata nell’alveo dell’art. 2043, C.c., per la prima, e sussunta sotto la rubrica dell’art. 2051, C.c., per il secondo.

La comune responsabilità dei due soggetti in questione, in relazione all’obbligo di risarcire il danno, patrimoniale e non patrimoniale, in favore del proprietario che ha subito il furto, obbliga ciascuno di essi a risarcire per intero il danno che sia liquidato giudizialmente, fatto salvo il diritto di colui, che sia stato vocato in giudizio ed, indi, condannato all’intero risarcimento del danno, d’agire in via di regresso nei confronti del concorrente responsabile, in ragione della gravità della colpa e dell’entità delle conseguenze.

Viene in rilievo, pertanto, il disposto dell’art. 2055, comma uno, C.c., orientato a regolare la disciplina del concorso nell’ambito della responsabilità solidale extracontrattuale, il quale si occupa di precisare che, se il fatto dannoso è imputabile a più soggetti, ciascuno di quest’ultimi è obbligato solidalmente a risarcire per intero il danno.

Giova precisare che, manente la norma da ultimo menzionata, si tratterebbe d’una solidarietà impropria, giacché gli autori del danno verrebbero chiamati a rispondere, in via solidale, del risarcimento del danno sulla base di due distinti titoli di responsabilità.

Cosicché, su questa riga, la Suprema Cote statuisce che “…in tema di responsabilità extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito nei soli confronti del terzo domandando l’ integrale risarcimento, lo stesso non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile al condominio, giacché si rende in tal caso applicabile (…) l’art. 2055 c.c., comma 1, che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno”.”. (Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 6665 del 19 marzo 2009).

Dalle decisioni in rassegna, emerge che, ove il danneggiato sia riuscito, in ossequio al precetto di cui al primo comma dell’art. 2697, C.c., a dimostrare l’esistenza del danno, ma non il suo preciso ammontare, la sua liquidazione potrà esser operata dal giudice, anche d’ufficio, sicché in assenza d’una esplicita domanda dell’attore, ai sensi dell’art. 1226, C.c., per via del rinvio operato dall’art. 2056, comma uno, C.c., a quest’ultima norma. (Cfr. Cass. civ., Sent. n. 5840 del 23 maggio del 1991, cit.; Corte App. Lecce, Sent. n. 484 del 30 maggio 2023, cit.).

Emerge, inoltre, che l’entità del risarcimento del danno può esser diminuita facendo applicazione del principio posto dal primo comma dell’art. 1227, C.c., in forza del quale se il fatto colposo del creditore ha contribuito a determinare il danno, quest’ultimo deve esser diminuito in ragione della gravità della colpa e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate. (Cfr. Corte App. Lecce, Sent. n. 484 del 30 maggio 2023, cit.).

Nel precedente da ultimo in esame, la corte ha ritenuto che integrasse il concorso del fatto colposo del creditore la condotta dei proprietari dell’immobile, sito nell’edificio condominiale, per aver questi ultimi lasciato, incautamente, nella propria abitazione, i propri preziosi, contribuendo, per tal via, così, alla realizzazione del fatto dannoso.

Al termine di questa breve dissertazione, possiam giungere alle seguenti conclusioni.

È pacifico che l’impresa appaltatrice, incaricata dal condominio d’eseguite i lavori di manutenzione del fabbricato, possa rispondere, ai sensi dell’art. 2043, C.c., dei danni subiti dai condomini proprietari degli appartamenti, a seguito del furto commesso dai terzi agevolati dall’utilizzo dei ponteggi incustoditi e non presidiati da adeguate misure di protezione, ove non abbia adottato le cautele opportune per garantire al sicurezza del cantiere.

Oltre all’impresa, anche il condominio potrebbe esser chiamato a concorrere a risarcire il danno subito dai predetti proprietari, laddove sia stato negligente in ordine all’obbligo di custodia su di esso gravante ai sensi dell’art. 2051, C.c.

Con la conseguenza che, in merito all’obbligo di risarcire il danno nei confronti dei proprietari danneggiati, stanti i diversi titoli di responsabilità evocati, troverà applicazione il disposto posto dal primo comma dell’art. 2055, C.c., in forza del quale del danno prodotto rispondono, in via solidale, ciascuno per l’intero, salvo il diritto di regresso di colui che abbia pagato per l’intero nei confronti dell’altro solidale, entrambi gli autori.

Aggiungasi, altresì, che la posta risarcitoria può esser diminuita allorché, nella causazione del danno, concorra il fatto colposo del danneggiato, facendo, indi, applicazione, nell’ambito di quello che vien definita la perimetrazione dell’area del danno risarcibile, del principio stabilito dal primo comma dell’art. 1227, C.c., a mente del quale il danno deve esser ridotto in ragione della gravità della colpa del creditore e delle entità delle conseguenze che ne son derivate.

 

di Filippo Simone Zinelli, avvocato

e Giovanni Stampone, avvocato