Da tempo la legge ha riconosciuto nuove forme di famiglia a cui spettano diritti e doveri che riguardano anche la vita condominiale.

Coppie di fatto e unioni civili in condominio

Da tempo la legge ha riconosciuto nuove forme di famiglia, come le coppie di fatto e le unioni civili, a cui spettano diritti e doveri che riguardano anche la vita condominiale.

 

La Costituzione Italiana nel suo riferimento alla famiglia (artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.) riconosce solennemente i diritti della famiglia, «quale società naturale fondata sul matrimonio» ma poiché la famiglia è lo specchio della società che è in continua evoluzione oltre alla famiglia fondata sul matrimonio l’ordinamento giuridico si è trovato a dover necessariamente tutelare altre forme di famiglia.

Infatti, a seguito delle numerose pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, che in più battute hanno riconosciuto la convivenza quale formazione sociale tutelata a livello costituzionale, l’ordinamento italiano ha voluto recepire le soluzioni elaborate in sede giurisprudenziale raccogliendole in modo organico con la Legge 76/2016 che offre la definizione della c.d. famiglia di fatto attraverso le qualità dei soggetti che ne fanno parte.

Sono “conviventi di fatto” senza distinzione di sesso:“ due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile“.

L’accertamento della stabile unione che dà luogo alla convivenza di fatto tra persone eterosessuali o dello stesso sesso avviene tramite la certificazione anagrafica cioè un’autocertificazione in carta libera, presentata al comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo. Il Comune, una volta provveduto agli opportuni accertamenti di verifica, rilascerà il certificato di residenza e lo stato di famiglia.

La convivenza di fatto tra due persone, quando viene formalizzata, pone in essere un nucleo familiare che, nonostante sia diverso da quello matrimoniale, è, allo stesso modo, meritevole di tutela. In presenza di una convivenza di fatto nascono i seguenti diritti e doveri:

  • la possibilità di far visita al proprio partner in carcere.
  • Il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto.
  • La facoltà di nominare il convivente come proprio rappresentante in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, o di morte, in relazione alla donazione di organi, alle modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
  • Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se il partner venga dichiarato interdetto, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

In caso di morte del proprietario dell’abitazione comune, il convivente superstite può restare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e non oltre i cinque anni. Se il convivente superstite ha figli minori o disabili, ha diritto di continuare a restare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha la facoltà di succedergli nel contratto.

Lo stesso diritto al risarcimento del danno che spetta al coniuge superstite, in caso di decesso del convivente di fatto derivante da fatto illecito di un terzo.
Il diritto del convivente di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner, nonché ai beni acquistati con questi ultimi e agli incrementi dell’azienda, in proporzione al lavoro prestato.
In caso di cessazione della convivenza di fatto, il diritto di ricevere gli alimenti dall’ex convivente, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.
La legge Cirinnà, quando ha introdotto le convivenze di fatto ha introdotto anche le unioni civili, le quali possono intercorrere esclusivamente tra due persone dello stesso sesso, ha previsto che due persone che stanno insieme, se vogliono essere riconosciute dallo Stato godendo dei diritti dei quali si è scritto in precedenza, devono rendere formale la loro convivenza recandosi al Comune e adempiendo agli oneri dei quali si è già scritto.
Come detto sinora la legge n.76/2016,meglio conosciuta come Legge Cirinnà, introduce nel nostro ordinamento giuridico due nuove forme di famiglia, che rilevano anche nell’ambito del condominio.

L’amministratore del condominio dovrà considerare anche le coppie legate da unione civile e quelle regolate da rapporto di convivenza di fatto ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale e per la convocazione alle assemblee.

La tenuta del registro dell’anagrafe condominiale fa parte di quel gruppo di norme che hanno disciplinato in modo preciso gli obblighi di informativa e di reperimento, aggiornamento e conservazione attribuiti all’amministratore in funzione del rafforzamento della trasparenza e della completezza di informazioni che devono caratterizzare secondo la riforma della disciplina condominiale, non solo i rapporti tra i condomini e l’amministratore, ma anche i rapporti tra il condominio ed i terzi: da qui l’espressa previsione dell’obbligo di tenuta e aggiornamento del registro di anagrafe condominiale ove annotare le generalità e i dati dei condomini proprietari, nonché titolari di diritti reali, nonché le generalità dei titolari di diritti personali di godimento quali i conduttori o i comodatari di unità immobiliari ubicate nel condominio.

L’Individuazione dei soggetti che dimorano nell’edificio condominiale in qualità di proprietari o di titolari di diritti personali di godimento è indispensabile per la regolare convocazione dell’assemblea.

Infatti, tutti gli aventi diritto devono essere convocati alla riunione, pena l’annullabilità delle delibere. Presupposto per avere diritto ad essere convocato all’assemblea condominiale, è dunque essere un avente diritto, per tale intendendosi non solo il proprietario di una unità immobiliare sita in condominio, ma anche il titolare di un diverso diritto reale, quale è il nudo proprietario e l’usufruttuario, nonché colui che è proprietario in comunione indivisa.

Questi due aspetti della organizzazione e della vita condominiale devono tener conto delle nuove situazioni personali che implicano necessariamente una relazione con il bene casa quale luogo di realizzazione e svolgimento della vita familiare.

La disciplina sulle unioni civili, costituite da due persone maggiorenni delle stesso sesso, che viene in essere con la dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni, ricalca le disposizioni previste in materia di matrimonio, con un limite generale espressamente indicato al comma 20 dell’art. 1, L. n. 76/2016 ed uno particolare in relazione alle disposizioni di cui alla legge in materia di adozione.

Il regime patrimoniale dell’unione civile, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni: ove la casa familiare consista in una abitazione in condominio, l’amministratore dovrà provvedere a convocare entrambi i comproprietari, dunque i soggetti uniti civilmente, informandoli che solo uno di loro potrà partecipare con diritto di voto che sarà vincolante anche per l’altro comproprietario.

Per la validità dell’assemblea invece è necessario che siano convocati tutti gli aventi diritto, perciò la prova della valida convocazione può essere fornita con ogni mezzo, anche attraverso la presunzione che l’avviso inviato ad uno dei componenti della coppia, coniugi o uniti civili, sia giunto a conoscenza dell’altro: ciò vale salvo l’ipotesi in cui sia stato reso noto all’amministratore dell’intervenuta separazione tra i coniugi o dell’intervenuta scioglimento dell’unione civile.

Ove la coppia unita civilmente conduca in locazione un’unità abitativa ubicata in condominio, occorrerà verificare chi sia il soggetto conduttore, il quale ha diritto di partecipare all’assemblea condominiale con diritto di voto nelle delibere concernenti le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria; di partecipare, senza diritto di voto, nelle delibere concernenti la modificazione degli altri servizi comuni.

Nuove famiglie e nuovi soggetti devono dunque essere considerati dall’amministratore di condominio per evitare l’insorgere di contestazioni.

di Carmela Pignataro, avvocato