L'assemblea è competente a deliberare soltanto la transazione sul pagamento di una spesa ma non la modifica dei criteri di ripartizione delle spese

La transazione non può derogare i criteri di ripartizione delle spese

L’assemblea è competente a deliberare a maggioranza solamente la transazione riguardante il pagamento di una spesa ma non la modifica dei criteri di ripartizione delle spese legalmente o convenzionalmente stabiliti per la quale è necessario il consenso unanime dei condomini.

 

In materia di criteri di ripartizione delle spese condominiali, la regola di base per la quale gli oneri vanno suddivisi in proporzione al valore millesimale delle singole proprietà può essere derogata solo da una convenzione approvata all’unanimità dei condomini.

In tema di condominio negli edifici “ove manchi una diversa convenzione adottata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123, primo comma, c.c.” (Cass. sent. n. 27233/2013).

Tali principi hanno spesso rilievo quando l’assemblea deve decidere di trovare un accordo, cioè transigere, su una lite già sorta e in essere o magari anche solamente per prevenirla.

Sul punto è più volte intervenuta anche la suprema Corte di Cassazione affermando che “in tema di condominio negli edifici, ai sensi dell’art. 1135 c.c., l’assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d’interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni (Cass. sent. n. 821/2014; Cass. sent. n. 1234/2016); l’assemblea può delegare lamministratore a transigere, indicando i limiti dell’attività dispositiva affidatagli (Cass. sent. n. 1994/1980).

In merito alla maggioranza necessaria per approvare un accordo transattivo, si ritiene applicabile l’art. 1136 c. 4 c.c. che fa riferimento alle liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore perché, se l’assemblea può deliberare su una controversia, è legittimata anche a transigere detta controversia. Stessa maggioranza si riscontra nell’articolo 71 quater co. 5 Disp. Att. c.c., dettato in materia di mediazione, per il quale la proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’art. 1136 c. 2 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio).

L’obbligo dei condomini al pagamento delle spese che derivano dalla transazione non discende dall’efficacia soggettiva del contratto che è alla base della richiesta, ad es. un contratto di appalto lavori (ex art. 1372 c.c.) ma discende dalle norme in materia di condominio e, precisamente,  dall’art. 1118  c.c. (secondo cui il condomino non può sottrarsi al pagamento delle spese per la conservazione delle parti comuni) e dall’art. 1123 c.c. (a mente del quale l’obbligo di contribuzione è proporzionale ai millesimi di proprietà o in base all’uso se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa) (Cass. sent. n. 10371/2021).

L’assemblea è competente a deliberare a maggioranza solamente la transazione riguardante il pagamento di una spesa ma non la modifica dei criteri di riparto legalmente o convenzionalmente stabiliti per la quale è necessario il consenso unanime dei condomini.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 27511/2022) che ha accolto il ricorso di un condomino avverso alla sentenza della Corte di Appello che aveva ritenuto valida la delibera con la quale il condominio aveva approvato, a maggioranza, una transazione per definire un contenzioso esistente tra l’ente e una “fruitrice esterna” della piscina condominiale che, per regolamento, veniva considerata “condomina”.

La transazione prevedeva che quest’ultima avrebbe partecipato in modo forfettario per spese ordinarie della manutenzione della piscina e nella misura del 10% di quelle straordinarie.

Il condomino impugnava la delibera sul presupposto che la signora fosse a tutti gli effetti una condomina e, pertanto, dovesse partecipare alle spese in proporzione alla propria quota millesimale e non nella misura forfettaria prevista nella delibera in contestazione.

Il giudice di primo grado rigettava l’impugnativa e tale decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello sul rilievo che la deliberazione sarebbe stata “legittimata dalla previsione di cui all’articolo 1123, comma primo del codice civile, che prevede la possibilità di una diversa pattuizione rispetto alla regola generale di partecipazione alle spese da parte del condomini in proporzione alle quote di loro proprietà”.

La delibera in questione, precisava la Corte di merito, non integrava “una modifica del regolamento e delle tabelle millesimali ma una specifica convenzione motivata dal suddetto intento transattivo e dalla particolarità di una determinata situazione soggettiva ed oggettiva”.

L’intento transattivo, però, non era in grado di giustificare una deroga, deliberata a maggioranza, ai criteri di ripartizione degli oneri condominiali stabiliti dalla legge che richiede, invece, il consenso unanime dei partecipanti al condominio.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e cassava l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello, in altra composizione, per regolare anche le spese del giudizio di legittimità.

di Luana Tagliolini, giornalista esperta in materia condominiale