L’individuazione del soggetto proprietario dell’unità immobiliare è attività necessaria per l’amministratore non solo per poter convocare validamente l’assemblea ma anche e soprattutto per poter richiedere il pagamento degli oneri condominiali ai soggetti legalmente onerati, essendo ormai orientamento consolidato della giurisprudenza che solo al proprietario (o ad altro titolare di diritto reale, in solido) può essere ingiunto il pagamento degli oneri condominiali mediante il decreto ingiuntivo (Corte di Cassazione, ordinanza n. 16613/2022).
A tale scopo l’articolo 1130, comma 1, n. 6 del codice civile prevede che l’amministratore deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei proprietari, dei titolari dei diritti reali e dei diritti personali, ed altre informazioni utili.
Per essere utili, le informazioni in esso contenute devono essere corrette ed aggiornate mediante le comunicazioni in forma scritta, da parte degli onerati, delle variazioni all’amministratore entro 60 giorni.
IL CASO
Il tribunale aveva accolto l’appello proposto dall’assegnataria di un immobile contro la sentenza del giudice di pace con la quale era stata respinta l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio nei confronti dell’appellante per il pagamento delle spese condominiali.
Il tribunale aveva ritenuto fondato il motivo di appello relativo al difetto di legittimazione passiva rispetto alle pretese creditorie avanzate dal Condominio, essendo l’appellante mera assegnataria della casa familiare – di proprietà esclusiva del coniuge – a seguito di separazione personale.
Il soggetto assegnatario della casa coniugale acquista un semplice diritto di godimento sul bene (il che impedirebbe peraltro l’applicabilità del disposto dell’art. 67 disp. att. c.c., che riguarda il diritto reale di usufrutto) inidoneo a far gravare sull’assegnatario medesimo l’obbligo di pagamento delle spese condominiali nei confronti del condominio (altro sono i rapporti interni tra l’assegnatario e il proprietario).
Il tribunale, perciò, riformava la sentenza di primo grado e revocava il decreto ingiuntivo intimato dal Condominio.
Dello stesso tenore l’ordinanza della Corte di Cassazione con la quale rigettava il ricorso del condominio nell’assunto che “l’amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l’esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall’effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un’azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell’unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento ‘sui generis’”.
LE MOTIVAZIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE
L’occupante di un immobile può essere il titolare del diritto di proprietà oppure di altro diritto reale (ad es. di usufrutto) oppure il titolare di un diritto personale di godimento come lo è il conduttore, il comodatario (parti, rispettivamente, del contrato di locazione e di comodato), o l’assegnatario di un immobile a seguito di sentenza di separazione o di divorzio. I titolari di diritti reali sono obbligati per il pagamento degli oneri condominiali nei confronti del condominio.
L’usufruttuario ai sensi dell’art. 67 disp. att. cod. civ., risponde solidalmente con il nudo proprietario “… per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale”. L’amministratore può chiedere il pagamento sia all’uno che all’altro, indifferentemente, e per l’intero importo, a prescindere dagli accordi tra loro convenuti in merito al pagamento delle spese condominiali.
Chiaramente il pagamento di uno dei due libera dal debito anche l’altro nei confronti del condominio ma non lo libera dal dovere di restituire al pagante quanto di sua competenza in base a quanto stabilito negli accordi o alla legge.
In caso di perpetrata morosità, la richiesta di ingiunzione di pagamento potrà essere effettuata nei confronti di entrambi, in solido. Stessa regola vale per i comproprietari (ad esempio i coeredi).
Per quanto riguarda invece gli occupanti titolari di un diritto personale di godimento, essi non assumono obblighi verso il condominio ma solo nei confronti del proprietario dell’immobile il quale risponderà verso il condominio degli oneri da questi non pagati, salvo il regresso.
In caso di omesso pagamento degli oneri condominiali, pertanto, l’amministratore dovrà accertare la tipologia delle spese non pagate dall’occupante e se egli sia il proprietario perché se richiedesse un decreto ingiuntivo contro un occupante rischierebbe una opposizione allo stesso con conseguente sua revoca.
In caso di ripartizione delle spese condominiali inerenti, ad esempio, alla casa familiare oggetto di assegnazione in sede di separazione o di divorzio, occorre distinguere tra le spese che sono dovute dal coniuge assegnatario il quale utilizza in concreto l’immobile (i contributi inerenti alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’alloggio familiare o ai servizi comuni come, per esempio, il servizio di pulizia, di riscaldamento) e quelle che rimangono a carico del coniuge proprietario esclusivo dell’immobile (per esempio, spese di manutenzione straordinaria) spese che – in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, che ne accolli l’onere al coniuge proprietario – vanno a carico del coniuge assegnatario.
Il diritto di godimento della casa familiare spettante al coniuge o al convivente affidatario di figli minori (o convivente con figli maggiorenni non economicamente autosufficienti), in forza di provvedimento giudiziale opponibile anche ai terzi è, conferma la suprema corte, un diritto personale di godimento sui generis sicché esso non rileva ai fini della pretesa dell’amministratore condominiale – ai sensi dell’art. 1123 c.c., dell’art. 1130 c.c., n. 3, e dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 1 – volta a riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell’interesse comune, restando esclusa un’azione diretta nei confronti dell’assegnatario della singola unità immobiliare.
Stessa regola per il conduttore o il comodatario.
Anche in tali situazioni, l’amministratore del condominio ha diritto di riscuotere i contributi e le spese sostenute nell’interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, e cioè di ciascuno dei titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari, restando esclusa un’azione diretta anche nei confronti del conduttore della singola unità immobiliare (contro il quale può invece agire in risoluzione il locatore, ove si tratti di oneri posti a carico del locatario sulla base del rapporto contrattuale fra loro intercorrente), tant’è che si afferma risolutivamente che “di fronte al condominio esistono solo i condomini” (Cass. 25 ottobre 2018, n. 27162; Cass. 9 dicembre 2009, n. 25781; Cass. 3 febbraio 1994, n. 1104).
Nella fattispecie sottoposta all’esame della corte di legittimità, si era confuso il rapporto corrente tra l’assegnatario della casa familiare e il proprietario dell’immobile assegnato ed il diverso profilo del rapporto corrente tra condominio e condomino tenuto al pagamento dei contributi.
Per cui, bene aveva fatto il giudice di merito a revocare il decreto ingiuntivo emesso nei confronti della ex moglie occupante non essendo lei la legittimata passiva ma bensì l’ex marito proprietario dell’appartamento.
Una ulteriore precisazione si rinviene, nell’ordinanza, con riferimento al condomino apparente colui, cioè, che con il suo comportamento ha indotto i condomini e l’amministratore, a credere di essere lui il proprietario.
Anche in tale caso per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio e singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede.
di Luana Taglioni